CONTRO O PRO-STITUTE
Signor Tino a me tutte queste persone, e non parlo solo di casa nostra ma anche del nord Europa e della Spagna, che propongono l’abolizione della prostituzione (per vie dirette e traverse) mi fanno incazzare. Io penso che ci siano problemi ben più gravi e vedo anche tanta ipocrisia. Che ne pensi?
_ CONTRO- O PRO- STITUTE_
Per risponderti caro (o cara) COP prendo in prestito un libro recente e molto apprezzato di Giuseppe Scaraffia “Le signore della notte”, ovvero le prostitute così come le chiamava Samuel Beckett. Le signore della notte… un appellativo misterioso, affascinante… Oggi qualcuno le definirebbe in altro modo, con termini meno eleganti. Le chiamiamo “Escort”, giusto per essere educati, maliziosi e allo stesso tempo far finta che stiamo parlando di vecchie Ford.
A frequentarle un tempo erano uomini di tutti i ceti sociali: aristocratici e contadini, borghesi e proletari, e anche grandi intellettuali e artisti, da Stendhal a Simenon, da Kafka a Hemingway, da Tolstoj a Proust, da Manet a Picasso, da Toulouse- Lautrec a Modigliani. Innumerevoli opere artistiche e letterarie le descrivono, spesso con passione e devozione. "Amo la prostituzione di per sé, indipendentemente da quel che c'è sotto... nell'idea di prostituzione c'è un punto di intersezione così complesso - lussuria, amarezza, il nulla dei rapporti umani, la frenesia muscolare e il risuonare dell'oro - che guardando fino in fondo viene la vertigine e si imparano tante cose. Ed è così triste!" scriveva Gustave Flaubert.
Non che oggi la situazione sia molto cambiata: a frequentare le signorine / girls sono un po’ tutti, dallo studente al sacrestano, passando per giudici, lavapiatti e calciatori. Ma anche se siamo nell’anno domini 2023, anche se queste donne praticano "il mestiere più antico del mondo", la loro tenace presenza nella nostra società sembra diventata intollerabile. Nessuno ne parla più se non per dire che deve essere cancellata. Sono considerate le ultime peccatrici del sesso in un mondo che si proclama sessualmente spregiudicato. Fornire una merce o una prestazione in cambio di denaro è in teoria comune a ogni professione, ma in pratica il fatto che la loro merce sia il corpo e che quel che offrono sia il piacere le rende immonde, intoccabili, non solo agli occhi delle Chiese.
Dai laici vengono accusate di essere delle untrici, di contagiare chi le frequenta non tanto sul piano fisico, ma soprattutto su quello dei valori. È davvero così? La loro sopravvivenza non è forse il fantasma di un'arcaica subordinazione femminile al potere maschile del denaro? Quale nervo scoperto della nostra sensibilità collettiva tocca la loro esistenza?
Sono proprio loro, in attesa con il cellulare in mano, appoggiate al banco di un bar o ferme davanti a un angolo della strada o più modernamente sedute sul letto del proprio appartamentino del booking di turno, ad avvertirci che, se abbiamo cambiato il mondo, è difficile cambiare gli esseri umani.
Le “escort” sono viste con ripugnanza, persino odio. I tempi sono cambiati, li definiamo moderni eppure sembra sempre che facciamo un passo indietro. Ora quelle signore della notte verrebbero definite perverse, fornitrici di malattie, rovina-famiglie, sanguisughe che non hanno voglia di lavorare e sfruttano un dono che non si sono nemmeno guadagnate.
Come possiamo aver inventato qualcosa per andare sulla luna ed esser tornati così indietro sul piano della morale?
Cosa vogliamo nascondere? Qual è quel tarlo che ci ossessiona e che ci costringe a essere così cattivi, così gretti?
Tra loro ci sono anche donne buone, belle, a volte colte, felici e indipendenti. E tra i clienti, tanti che non si vergognano d’apprezzare, forse addirittura amare, quei corpi e quelle anime che si donano per un poco di bene, materiale e morale. Eppure le vogliamo “smantellare”.
Nel suo libro, Giuseppe Scaraffia parla del passato per svegliare le nostre coscienze sdraiate pigramente nel presente. Ci racconta i rapporti di molte delle menti più illuminate dell’Ottocento e del Novecento con queste donne, spesso trasfigurate nei personaggi dei loro romanzi o raffigurate nei loro quadri. Da Proust che, onanista impenitente, ottiene sottobanco dal padre e dal nonno un salario accessorio per frequentare il bordello ad Alexandre Dumas che lo usava come studio, cinque prostitute e cinque atti teatrali da scrivere in un pomeriggio. Piccole manie, Kafka che frequentava solo donne grasse e anziane o Simenon che frequentava il bordello con la moglie e la pittrice surrealista Leonor Fini, che trovava «meravigliosi, dei veri paradisi» i bordelli di Le Havre.
I tempi in cui di sesso si parlava poco ma se ne faceva tanto.
Sono quasi 70 anni che hanno chiuso i bordelli ma i famosi appartamenti che le ragazze affittano in ogni città sono sempre aperti. Sono le nuove case chiuse.
Ah, la risposta alla tua domanda: Userò una frase del secolo passato, dell’attrice francese Arletty:
La chiusura delle case chiuse? «Più che un delitto, un pleonasmo»