ORGE, STUPRI E ABUSI NEL CASTELLO DI HEFNER

Hugh Hefner e le sue conigliette di Playboy
HUGH HEFNER e le sue conigliette

Settant’anni fa, nel 1953, Hugh Hefner fondò la rivista “Playboy”, pensata per il piacere e l’intrattenimento degli uomini. La “centerfold” del primo numero della rivista, ossia la ragazza della pagina centrale e della copertina (non ancora platinata) era la nuova diva Marilyn Monroe.

La rivista, che esponeva delle bellezze incredibili fotografate come la mamma le aveva fatte, senza alcuna censura se non quella dovuta alla sensibilità e alla bravura del fotografo, conobbe un successo enorme, arrivando alla tiratura di quasi sei milioni di copie negli anni settanta.
Tale successo era dovuto certamente in gran parte alle “playmate” immortalate in tutto lo splendore dei loro seni e delle loro cosce (e del resto del loro armamentario), ma anche alle lunghe interviste, spesso scomode, che lo stesso Hef (come veniva familiarmente chiamato) faceva a personaggi del calibro di Marlon Brando, Fidel Castro, Lance Armostrong e Nicole Kidman, tanto per citarne solo alcuni.
Fu proprio grazie a questo successo che Hug Hefner potè acquistare una reggia principesca a Los Angeles, la celebre “Playboy Mansion” nella quale, pur essendo stato sposato tre volte, visse con il suo harem di “Conigliette” (arrivate ad essere fino a sette contemporaneamente).

Una vista della residenza di Hugh Hefner la Playboy Mansion
Una vista dall'alto della residenza di Hugh Hefner la Playboy Mansion

La celebre villa di Hug Hefner e delle sue conigliette è una proprietà di 21,450 metri quadrati, alle porte di Los Angeles, con 29 stanze, campo da tennis, uno da pallacanestro, piscina, zoo, pozzo dei desideri e una grotta. Fu acquistata da Hug Hefner nel 1971 e da quel momento è diventata il quartiere generale di Playboy.

La villa acquistata da Hefner per 1 milione di dollari è stata venduta nel 2016 per la modica cifra di 100 milioni al suo vicino di casa, il magnate Daren Metropoulos. Una curiosità, nell'accordo di vendita era previsto che Hefner potesse rimanere nella villa fino alla sua morte.

Una vista dall'alto della residenza di Hugh Hefner la Playboy Mansion
Hug Hefner all'interno della Playboy Mansion


Di Hef si conoscono anche varie attività benefiche, con notevoli somme di denaro spese a favore di movimenti che si proponevano la legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Insomma, un uomo illuminato, un benefattore, un filantropo, amato dalle sue mogli e dalle sue “conigliette”.
Ma… ed è un MA di quelli che svelano ipocrisie e rivelano la sporcizia nascosta sotto il tappeto, sembra che le cose non fossero affatto quelle che sembravano.
Insomma, avremmo potuto cominciare questa storia, anzi, questa favola con “C’era una volta un re, buono e generoso, ammirato dagli uomini e amato dalle donne”.

Ma la reggia nella quale viveva, più che il castello delle favole, si è rivelato l’antro di un orco, all’interno del quale il “buon” Hef disponeva a suo piacimento delle ragazze che componevano il suo harem. Un po' come la casa della strega nella favola di Hansel e Gretel.
Smascherato dalla docu-serie “The Secrets of Playboy”, trasmessa in 10 puntate in anteprima da A&E il 24 gennaio del 2022, possiamo dire che ora quel re è nudo!

Più che un re, Hugh Hefner era un vampiro: camuffato da paladino della libertà sessuale, Hef “manipolava e drogava le donne costringendole a partecipare a orge degradanti e pensando che fossero di sua proprietà”.

Le rivelazioni choc


Queste alcune delle rivelazioni shock che danno vita alla docu-serie in 10 puntate, che svelano l’oscuro dietro le quinte, tra droghe, abusi sessuali e bestialità, della Playbloy Mansion, la villa del patron della nota rivista, morto nel 2017 all’età di 91 anni. Una location da favola per una realtà da incubo, almeno così è stato per le ragazze che raccontano episodi allucinanti, a base di droga, umiliazione e soprattutto abusi sessuali e perversioni.

A parlare, spesso per la prima volta in questi termini, sono alcune delle famose ex fidanzate e “muse” di Hefner, considerato tra i personaggi più iconici (nel bene e nel male) della cultura americana del Novecento. Davanti alle telecamere sfilano bellezze come Holly Madison e Sondra Theodore o l’ex Bunny Mother PJ Masten, e le accuse sono gravi e circostanziate.

Nei confronti di Hefner, certo, ma anche dei suoi amici “intoccabili” come il conduttore Don Cornelius, volto e voce della celebre trasmissione “Soul Train”, che secondo le ricostruzioni avrebbe addirittura tenuto in ostaggio due conigliette violentandone una a più riprese.

Secondo le confessioni di alcune delle ex fidanzate di Hefner, da Holly Madison a Sondra Theodore e l’ex “Bunny Mother” PJ Masten, all’interno della Playboy Mansion succedeva davvero di tutto.

Holly Madison, Playmate, che ha frequentato Hefner per otto anni, racconta anche di come il fondatore di Playboy abbia rifiutato di usare la protezione durante il sesso e di come lo stile di vita nella Mansion, l’abbia portata più volte a considerare il suicidio.

La serie include anche un’intervista con Linda Lovelace, la pornostar degli anni Settanta, protagonista di “Gola profonda“, che racconta di essere stata trattata come un “pezzo di carne” e costretta a fare sesso orale con un pastore tedesco mentre Hefner e i suoi amici guardavano.

Theodore, che ora ha 65 anni, rivela invece come Hefner pretendesse orge e sesso di gruppo nella villa cinque sere a settimana e ha descritto le sue richieste sessuali come “brutali”: “Spesso mi spaventava… non potevi soddisfarlo. Voleva sempre di più e di più. Con ognuna delle nuove ragazze andava in scena lo stesso copione ogni volta, lui le accoglieva in famiglia abbracciandole ma era tutta un bugia. Non eravamo niente per lui… Era come un vampiro. Ha risucchiato la vita a queste ragazze per decenni’.

Lisa Loving Barrett, assistente esecutiva di Hefner  tra gli anni Settanta e Ottanta, ha raccontato che Hefner, dipendente lui stesso da anfetamine e cocaina, aveva una scorta di Quaaludes, il potente sedativo con cui le accusatrici di Bill Cosby sostenevano che lui le avesse drogate.

Hug Hefner in compagnia di Paris Hiton covergirl di Playboy nel marzo 2005
Copertina di Playboy marzo 2005 - Covergirl Paris Hilton

Barrett ha detto che nella villa di Playboy la droga era nota come “divaricatore di gambe” e che veniva considerata un “male necessario” perché costringeva le donne a fare qualsiasi cosa.
Ogni settimana inoltre Hefner organizzava le cosiddette “Pig Nights” durante le quali portava una dozzina di prostitute “brutte” per fare sesso con i suoi amici.

Il ritorno al nudo

La rivista era il vero fiore all’occhiello per Hefner, ma ha conosciuto momenti di grande crisi. Cinque anni fa, dopo una pausa durata 12 mesi di infruttuosa castità, sulla patinata rivista tornarono le conigliette nude: dopo il cambiamento voluta dal direttore del magazine, Scott Fiandre e approvata anche da Hugh Hefner in persona, in cui le modelle – sempre sexy e mozzafiato – erano state rivestite, l’editore aveva deciso di tornare alla tradizione con le conigliette con seni, glutei e ogni tesoro in bella mostra.

Decisione caldeggiata dal nuovo capo della rivista Cooper Hefner, figlio del mitico fondatore, “Re” Hugh Hefner appunto, morto a 91 anni, con al fianco una moglie (la terza) nata 60 anni dopo di lui.

“Sono il primo ad ammettere che il modo in cui la rivista mostrava il nudo era superato, ma rimuoverlo completamente è stato un errore – il mea culpa di Hefner jr –: oggi ci riprendiamo la nostra identità, rivendicando ciò che siamo».
Con autoironia, Playboy si è preso in giro pubblicando su twitter la copertina del prossimo numero di marzo-aprile della sua Playmate del mese – ragazza acqua e sapone di cui in prima non si vede nulla – con l’hashtag #NakedIsNormal.

La rivista aveva iniziato a eliminare i nudi storicamente pubblicati accanto a grandi interviste (a colossi del calibro di Henry Kissinger), dal numero del marzo 2016, chiudendo con l’ennesimo scatto osé di Pamela Anderson, apparsa sulla copertina di Playboy 14 volte dal 1989, nella speranza di aumentare gli abbonamenti online e la vendita delle copie di carta.

Copertina di Playboy covergirl Pamela Anderson

Mai tentativo fu più fallimentare; la tiratura precipitò a 700mila copie. Non male, si potrebbe pensare, se non fosse che negli anni ’70 la rivista arrivò a venderne qualcosa come 5,6 milioni. A tenere in piedi l’impero dell’eros ci ha pensato soprattutto la forza del brand, quel coniglietto stilizzato con il papillon diventato un vero e proprio “logo” – tanto da apparire spesso tatuato sull’attaccatura delle natiche o sul seno di bellezze di ogni parte del globo –- , tra i più riconoscibili al mondo. La prova? Gran parte delle entrate derivano proprio dal “licensing” del suo simbolo per la vendita di cosmetici, bibite e gioielli a livello planetario. In effetti, la vera sfida per Playboy consiste nel garantirsi lettori tra le nuove generazioni dell’era digitale.

Hugh Hefner nella villa a Los Angeles, quasi 2 mila metri quadri di superficie, 29 stanze, campo da tennis, piscina e perfino una grotta

Il nudo, da solo, non può bastare, ma a “Playboy” devono essersi convinti che rinunciandovi diventa ancora più difficile portare i giovani verso i contenuti di “spessore” della patinata rivista. Come il saggio pubblicato sul primo numero “nuovamente nudo”, firmato dall’attrice britannica Scarlett Byrne, la Pansy Parkinson fidanzatina di Harry Potter sul grande schermo, e dello stesso Cooper Hefner nella vita, dedicato alla campagna “Free the Nipple”. Letteralmente, “liberiamo i capezzoli”, movimento nato negli Stati Uniti con l’obiettivo di allentare le maglie della legislazione in merito all’allattamento in pubblico e al topless in generale, denunciando la disparità di trattamento rispetto alle possibilità di esposizione del corpo maschile. Tema che si sposa perfettamente con il nuovo corso di “Playboy”. “Sarà sempre marchio di uno stile di vita focalizzato sugli interessi degli uomini – concluse Cooper Hefner -, ma se i ruoli di genere continuano a evolversi nella società, dobbiamo farlo anche noi”.

Per finire voglio riportarvi la testimonianza di Audrey Huskey, l'ultima donna che nel documentario di A&E «Secrets of Playboy» denuncia il defunto magnate del porno per stupro.
La Huskey venne invitata a Los Angeles nel 1994 per scattare foto di prova per la rivista Playboy. All'epoca, l'allora moglie di Hefner, Kimberley Conrad, sposata nel 1989, era fuori città.
Dopo la sessione, Hefner invitò Huskey nella sua stanza e dicendole che voleva rivedere le sue foto. Era titubante. «Ero seduta in fondo alle scale a decidere se salire o meno», ha ricordato. Alla fine, ha deciso che non potevo perdere l'occasione. Ma, ha detto, «non avevo in mente che sarebbe successo qualcosa di brutto».

Hefner gli mostrò le foto come promesso, poi «mi accompagnò immediatamente a letto. Mi sono seduta, lui era alla mia destra e ha tirato fuori uno spinello (di marijuana), l'ha acceso. Rimasi senza parole, poi dissi: 'Cosa? Tutto questo sta accadendo così in fretta'».
Dopo che Hefner le passò la canna, «si lasciò cadere i pantaloni». «Mi sono bloccata. Mi è salito sopra e io sono rimasta paralizzata», ha detto.
E ha continuato: «Non ho detto niente. Non gli ho dato il permesso. Cosa avevo intenzione di fare? Se avessi detto di no, si sarebbe fermato? Non lo so».

Audrey Huskey aspirante coniglietta testimone nella docu-serie «Secrets of Playboy»

Dopo che Hefner fece sesso con lei, la Huskey disse: «Mi ha accompagnato alla guest house. Non sapevo cosa pensare quella notte. Ho pianto fino ad addormentarmi. Sai, questa non era la favola che speravo di vivere».
«Avevo paura», ha spiegato. «Pensavo di finire nei guai: ero a  casa sua, il suo potere, la sua compagnia, quindi dovevo chiudere la bocca e tornare a casa».
Il giorno dopo, Huskey disse di sentirsi così emotivamente paralizzata da non riuscire ad alzarsi dal letto e cancellò un secondo servizio fotografico per Playboy. Una volta lasciato Los Angeles e tornata a casa, «Ho ricevuto una lettera per posta. Era una lettera di licenziamento». Le sue foto non sono mai apparse sulla rivista.