Simenon: l'uomo che amò 10.000 donne
Proseguiamo l’appassionante esplorazione della contrapposizione tra il sesso-sesso e il sesso-amore e per farlo vorrei iniziare riportando il dialogo che Georges Simenon, il creatore del commissario Maigret e autore di centinaia di romanzi, ebbe con il suo medico e che Simenon racconta nelle sue Memorie Intime (Adelphi, 2003).
“Lei fuma?”.
“La pipa, sì”.
“Non dovrà più fumare… Beve?... ”.
“Bevo del vino >>.
“Da oggi basta. Lavora molto? ”.
“Di regola, scrivo sei romanzi all’anno ”.
“Dovrà smettere di scrivere ”.
“E cosa farò? ”.
“Starà a riposo. E, soprattutto, niente sesso ”.
“Ma che cos’ho, esattamente? ”.
“Un cuore da vecchio ”.
“Che cosa rischio? ”.
“Le do due anni di vita, purchè segua i miei consigli, si intende ”.
Georges Simenon aveva 37 anni quando il medico gli intimò questa totale e definitiva astinenza dalla vita. Aveva già scritto centinaia tra romanzi e racconti, fumava la pipa ogni giorno, beveva regolarmente del vino e aveva già avuto rapporti sessuali con migliaia di donne. Ne visse altri cinquanta, continuando a fumare la pipa dal momento in cui si svegliava a quello in cui andava a dormire e a bere vino in migliaia di serate mondane a cui partecipò insieme e alle sue due mogli. Scrisse ancora centinaia di romanzi e, soprattutto, si accompagnò ad altre migliaia di donne.
In un’intervista che Federico Fellini fece a Simenon per l’Express, lo scrittore dichiarò di avere avuto rapporti sessuali con diecimila donne, la maggior parte professioniste del sesso, ma anche semi-professioniste, come lui stesso le definì. Sembra quasi una confessione la sua, per la quale però non chiede né giudizio né condanna. Simenon infatti, nonostante sia stato sposato per una buona parte della sua vita, faceva sesso con molte altre donne con grande soddisfazione e, soprattutto, nessuna vergogna. Egli stesso ha affermato infatti: "...da questo punto di vista mi considero un uomo perfettamente normale. Quello che dovrebbe sorprendere qualcuno è il fatto che io non mischio mai sessualità, sentimento e amore. Con una sola donna, D. (Denyse, la seconda moglie), sesso e amore si sono intrecciati e si intrecciano ancora. Con le altre no - spiegava Simenon in Quand jétais vieux nel 1961 - E non si tratta di cinismo, né di vizio. Considero la sessualità e tutti gli atti sessuali come naturali e belli...".
Ed ecco ancora come Simenon spiega il bisogno che lo spingeva verso quelle donne: "... per tutte provo, nel possederle, una sorta di tenerezza, quella che potrei chiamare tenerezza umana. Non è sentimento. Non mi pongo problemi al loro riguardo. Non mi interesso alla loro sorte. E' un interesse per l'essere umano, per la carne vivente, per un corpo che per un determinato istante, nelle mie braccia, rappresenta la vita...".
Simenon sembra incarnare perfettamente la contrapposizione tra il sesso senza amore e quello vissuto in una relazione sentimentale, tra il sesso considerato sbagliato e quello ritenuto giusto. Le due “posizioni” del sesso (in realtà ne esiste anche una terza, la mia, della quale però magari parlerò in un prossimo articolo).
Ma è veramente così? Esiste un sesso giusto e un sesso sbagliato? O piuttosto, come sembra dimostrare Simenon, non è possibile che nella vita di ogni essere umano si verificano situazioni nelle quali le posizioni si ribaltano? Le relazioni di Simenon, nate da un bisogno fisico, sono spesso l’espressione del desiderio di liberarsi dalle catene che la società impone, dalle convenzioni che regolano i rapporti tra le donne e gli uomini, dal desiderio di sentirsi “nudi”, fedeli solo ai bisogni primari, istintivi. Non può essere una forma di amore anche questa? Se la risposta è sì, allora il sesso visto sotto quest’aspetto non può più essere definito sbagliato. Qualcosa di cui vergognarsi. E allo stesso tempo, il sesso all’interno di una relazione costruita secondo la convenienza, le regole sociali, può assumere la forma di pura pornografia. Un atto freddo e ripetitivo. Sbagliato.
Questo è proprio quello che succede a molti dei protagonisti dei romanzi di Simenon, come per esempio l’avvocato Lucien Gobillot in In caso di disgrazia (Adelphi, 2001). Sposato da venti anni con la bella, raffinata, sprezzante Viviane, Gobillot riceve la visita di Yvette, una ragazza con << viso da bambina e da vecchia allo stesso tempo, un misto di ingenuità e di astuzia… di innocenza e di vizio >>, che gli chiede di difenderla in un processo per tentata rapina. Quella che nasce come una relazione puramente fisica diventa, nel corso degli incontri tra Yvette e Gobillot, un amor fou che sconvolge la sua intera esistenza.
“Nel periodo trascorso tra l’arresto di Yvette e la sua assoluzione, ho capito che non mi sarebbe stato facile sbarazzarmi di lei, né dell’immagine del suo ventre nudo come l’avevo visto nel mio studio.
Perché? Dopo tutto questo tempo, non ho ancora trovato la risposta. Non sono né un depravato né un maniaco sessuale. Viviane non si è mai mostrata gelosa, e ho potuto concedermi tutte le avventure che volevo, quasi sempre effimere e spesso poco entusiasmanti.
E poi ne ho viste troppe, di ragazze, e di tutti i generi, per intenerirmi, come fanno certi uomini della mia età, di fronte a una ragazzetta sbandata, e il cinismo di Yvette non mi impressiona più di quel poco di innocenza che ancora le resta”.
Sembra delinearsi, pagina dopo pagina, la dissoluzione di quella contrapposizione tra pornografia e amore, man mano che Gobillot, che cerca di resistere all’attrazione che prova nei confronti di quella strana ragazza, capisce che non può fermare il sentimento dirompente che sconvolgerà la sua esistenza. E che, in un certo senso, nobiliterà quella che era nata come una “volgare” espressione dei sensi. E, allo stesso tempo, renderà ancor più evidente a Gobillot la natura quasi pornografica del suo rapporto con la moglie Viviane.
“E’ stata la mia amante, è diventata mia moglie. Il suo corpo mi ha dato piacere, ma non ha mai ossessionato i miei sogni, non è mai stato altro che un corpo di donna, e Viviane non ha mai condiviso quella che considero la parte più importante della mia vita sessuale”.
E’ con Yvette che Gobillot compie quel ribaltamento, che annulla l’apparente contrapposizione di cui parlo, rendendo così fragile qualsiasi giudizio morale. E, conseguentemente, qualsiasi condanna.
“In massima parte sono stato con ragazze più o meno facili, professioniste e non (sembra di sentire direttamente la voce dello stesso Simenon), e quando ci penso scopro che avevano tutte qualche punto in comune con Yvette, cosa che finora mi era sfuggita.
A spingermi verso di loro era probabilmente, innanzitutto, una fame di sesso puro, se così posso esprimermi senza far sorridere, ossia che prescindesse da qualsiasi considerazione sentimentale e passionale. Diciamo sesso allo stato bruto. O cinico”.
“Con Yvette, invece, non posso restare un’ora senza provare il bisogno di vedere la sua nudità, di toccarla, di chiederle delle carezze”.
“Il fatto essenziale è che non posso fare a meno di lei, che soffro fisicamente quando non le sono vicino. Che ho bisogno di sentirla accanto a me, di guardarla vivere, di respirare il suo odore, di giocare con il suo sesso e di sapere che è soddisfatta.
Rimane una spiegazione, ma nessuno ci crederà: la volontà di rendere felice qualcuno, di prendersene cura totalmente, qualcuno che ti deva tutto, che fai uscire dal nulla sapendo che ci ritornerà se gli vieni a mancare tu”.
Le due posizioni, che avevamo sempre visto fronteggiarsi dalle due parti di un muro fatto di convenienza e di educazione e di bisogno di rassicurazione sociale, iniziano a scambiarsi di posto. Simenon sembra aver trovato l’uomo “nudo”, spogliato delle regole e delle apparenze. Nudo come il sesso che Simenon pratica con apparente soddisfazione. Ma proprio come il destino dell’uomo “nudo” il più delle volte si rivela tragico, così in fondo anche il sesso così bramosamente cercato da Simenon non sembra, alla fine, regalargli quella felicità a cui aspirava. Ormai settantaquattrenne, parlando delle sue innumerevoli avventure sessuali Simenon confessò, sempre nell’intervista concessa a Federico Fellini: “… non è solo perché si cerca un contatto umano vuol dire che poi lo si trovi. Si trova soprattutto il vuoto, non è vero?”.
Forse Maigret, quell’uomo corpulento amato da milioni di lettori in tutto il mondo, amante della pipa e gran bevitore di birra, conoscitore profondo dell’animo umano, fedele a una sola donna e, apparentemente, immune alle tentazioni della carne, rappresenta l’uomo che Georges Simenon avrebbe voluto essere ma che non è mai riuscito a diventare.