JACK VETTRIANO, TRA CESANESE ED ELISABETTA II
Avverto, profondamente, l’urgenza di rendere omaggio a Jack Vettriano, per me solo Jack, scomparso una manciata di giorni fa. Un omaggio da parte mia è doveroso, in nome di un’amicizia, di una simpatia e, permettetemi di dirlo senza pudore, di un affetto profondo che ci legava ormai da anni, dalle nostre prime frequentazioni nella città più sexy del mondo, Trevignano Romano, luogo pervaso da impeti di sensualità selvaggia, foraggio immancabile per le rappresentazioni erotiche di Jack, forse ispirate anche dai miei racconti del lungo lago, davanti a un tramonto disegnato da un dio benigno e con in mano un calice di Cesanese (vino alquanto scadente, ma di cui Vettriano era letteralmente ghiotto).
Era in queste situazioni che Jack, scozzese con profonde e antiche contaminazioni italiote (visto che la sua famiglia era originaria di Belmonte Castello, in provincia di Frosinone), tra un sorso e l’altro di Cesanese, lasciava correre la sua immaginazione, dipingendo su una tela immaginaria con movimenti armoniosi delle sue mani, ciò che più tardi avrebbe messo su una tela reale. Immagini che non vi descrivo, ma che lascerò siate voi a scoprirle scorrendo lungo questo articolo.
Sono felice, onorato, fiero, di aver trascorso con Jack innumerevoli bellissimi momenti, chiacchierando di tutto ma anche di nulla. Ho solo il rimpianto di non avergli detto abbastanza spesso quanto fosse preziosa per me la sua amicizia. Anche se sono sicuro che lo sapesse bene, visto che molte sue opere sono una rappresentazione, filtrata dal suo estro e dalla sua fantasia, di molti miei racconti del lungolago.
Certo, potrei avere inventato tutto, immaginato Jack e me seduti a bere Cesanese davanti al lago di Bracciano e potrebbe essere tutto frutto dell’ebbrezza provocata da un vino scadente. Oppure, potrebbe essere tutto vero, ma con l’impronta tipica dei sogni.
Ma che importa? Quello che conta davvero è l’eredità che Jack Vettriano ha lasciato al mondo. Una parte della quale ho voluto inserire in questo articolo.
Jack Vettriano era un autodidatta e non lo nascondeva. Inviso alla critica ma non se ne crucciava; ciò che lo interessava, in fondo, era il calore del suo pubblico.
«Ricevo moltissime lettere da parte di persone che si immedesimano nei miei quadri. C’è addirittura una coppia di amanti che usa un mio libro per dare vita ai loro incontri. Lui dice a lei di vestirsi come nel quadro di una certa pagina e poi si danno appuntamento per far rivivere quell’atmosfera».
Lo diceva così, Jack Vettriano, con la naturalezza di chi non ha nulla da nascondere perché abituato a mettere in mostra il proprio mondo fatto di fantasie, ossessioni e sentimenti passionali. Lui stesso era il protagonista dei suoi quadri: ora uomo elegante e seducente, ora solitario pensatore con un bicchiere di Bourbon in mano, talvolta semplice voyeur che osserva, in secondo piano, il principio o il viluppo di una passione.
«Nei miei dipinti voglio fermare quel momento in cui tutto sta per accadere»
Jack affermava, ed è così che la tela si carica di attimi sospesi, d’istanti eterni che precedono la passione; non è l’atto in sé a essere seducente ma l’attesa, quell’infinito momento in cui ciò che si anela sta per concretizzarsi. Donne dalle movenze feline si lasciano andare all’incredibile charme del partner ritratto; muse sofisticate conducono il gioco della seduzione incantando l’uomo che, nella fissità della tela, si ferma ad ammirarle in un attimo di eterna passionalità.
Sono queste le atmosfere delle opere di Jack Vettriano, vagamente anni ’50, distaccate eppure erotiche e misteriose. Il pittore non faceva mistero di trarre ispirazione da vicende personali, da donne che ha amato, incontrato, o anche solo desiderato. Le sue protagoniste sono seducenti, donne brune (in tutta la produzione compaiono solo tre bionde), sofisticate e mai volgari. Hanno il collo ornato da fili di perle e indossano biancheria intima nera, reggicalze e décolleté con il tacco. La scarpa alta era del resto un’ossessione di Vettriano, una potente arma di seduzione il cui solo suono ha in sé la forza di «costruire un’emozione».
Le donne e gli uomini delle sue tele fumano, bevono, sono quanto di più lontano dal politically correct esista. Il fumo della sigaretta s’insinua spesso nelle zone di luce ed ombra che scolpiscono le forme dei protagonisti, il cui contegno lascia percepire una silente complicità e la donna, femmina, appare sempre nella sua sottile carica erotica.
Tra sguardi ammiccanti e sensualità mai scomposta, Vettriano ha costruito il suo mondo, un mondo di emozioni in divenire in cui l’abbandono di un corpo, o la piega di un vestito, hanno il potere di sconvolgere nel profondo le fantasie dell’osservatore.
"Soft porno malconcepito" e "arte erotica senza senso" sono solo alcune delle definizioni date sul conto dell'artista dal Daily Telegraph. Eppure la sua opera più famosa è stata venduta all'asta per più di 700 mila sterline. Chi ha ragione?
Jack Vettriano è stato in un certo qual modo un’araba fenice nel mondo dell’arte, e neanche troppo metaforicamente. All’età di 15 anni comincia a lavorare in miniera col padre, e nel 1970 riceve in dono dalla sua fidanzata di allora il primo set di acquerelli. Decide quindi di dare un taglio al passato, ripudia il cognome del padre in favore di quello materno e inizia a sperimentare. Quello che dapprima somigliava a un semplice hobby diventa il lavoro che lo trasforma e lo consacra nel 1988 come esponente del “genre-painting” dell’arte contemporanea. Sempre quell’anno, al primo giorno dell’annuale mostra alla Royal Scottish Academy di Edimburgo, vende entrambe le sue opere in esposizione dando il via a una carriera costellata di riconoscimenti.
Nato nel 1951 in una cittadina della Scozia, da una famiglia di origini italiane molto povera, è costretto ad abbandonare gli studi a 16 anni e a lavorare in miniera per sopravvivere. A 21 anni inizia a dedicarsi alla pittura prima ricopiando i quadri di Edward Hopper e poi sviluppando una sua tecnica. Il successo arriva solo nel 1988: viene ammesso alla mostra annuale della Royal Scottish Academy e in un solo giorno vende tutte le opere esposte.
Un successo che è decretato dal pubblico e ignorato dai critici, e che viene coronato dall’onorificenza concessagli dalla regina Elisabetta per i servizi resi alle arti visive in Gran Bretagna, dalle vendite dei suoi quadri, dai diritti d’autore per riproduzioni tipografiche.
La sua pittura evocativa, animata da un realismo quasi fotografico, denota forti influenze dei dipinti di Hopper e della cinematografia di Hollywood, è priva della compiaciuta astrusità di tanti pittori contemporanei e tratta quasi sempre l’eterno tema dell’amore, ora romantico e sensuale, ora fatale: donne dalla conturbante bellezza ed eleganza e uomini che ricordano i gangster italo/americani degli anni Trenta, consumano le loro relazioni in interni borghesi, con un sottofondo di tensione che sembra voler evidenziare l’incomunicabilità tra i sessi, la solitudine esistenziale dei protagonisti.
Ma in conclusione, chi era davvero il pittore scozzese morto (ricchissimo e snobbato) lo scorso primo marzo?
· Leggiamo questo pezzo di Roberta Scorranesepubblicato sul Corriere della sera il 12 aprile 20
The Singing Butler, olio su tela, 1992.
Questo dipinto è stato venduto nel 2004 per 744.800 sterline. Nessun quadro scozzese aveva mai raggiunto fino ad allora ad una cifra tanto alta.