IL BORDELLO IN LETTERATURA

IL BORDELLO IN LETTERATURA

Ai fruitori di questo blog, che recentemente ha ripreso vivacità e che verrà arricchito settimanalmente da recensioni e articoli che ci si augura possano smuovere, oltre che gli ormoni dei lettori, anche la loro curiosità, vorrei offrire una piccola rassegna di opere letterarie di grande spessore, con tema il bordello (o lupanare, postribolo, casa chiusa, casa di tolleranza, casa di appuntamenti e altri appellativi che facevano riferimento al mestiere esercitato al loro interno e alla percezione con cui venivano vissuti dall’esterno). Non una letteratura di genere però, quanto piuttosto opere create da autori che hanno ormai raggiunto, indiscutibilmente, il loro angolo di eternità.

Tra questi citerei per primo  John Cleland e il suo controverso libro intitolato “Fanny Hill. Memorie di una donna di piacere”.

Scritto a metà del Settecento, Fanny Hill è uno dei più importanti classici della letteratura erotica mondiale, anche se per lungo tempo è stato un vero e proprio libro clandestino, stampato e trattato di nascosto, diffuso solo a costo di rischi personali. Un vero e proprio libro underground. Processato e proibito a metà del Settecento per la descrizione di una scena di sodomia a cui assiste la protagonista Fanny Hill, dopo aver conosciuto la censura ancora per tutto l'Ottocento, il libro viene pubblicato in modo integrale in Inghilterra solamente nel 1963, appena dopo la chiusura della vicenda che vietava la pubblicazione dell'”Amante di Lady Chatterley”. Ma l'editore, a riprova dell'aura maledetta del libro, perde il processo l'anno seguente. Quindi il libro viene di nuovo fatto ritirare dal mercato, fino al successivo tentativo degli anni settanta. Anche negli Stati Uniti il volume andò incontro a vicende analoghe, fino al processo del 1966 in cui venne finalmente dichiarato "non osceno". Il romanzo, come molta letteratura del Settecento, è scritto in forma epistolare e narra le vicende di una giovane ragazza che vive nei pressi di Liverpool. Dopo la morte dei genitori, viene presa a servizio da una signora che lei crede ricca, ma che in realtà è la tenutaria di un bordello, in cui la ragazza viene progressivamente impiegata. Da lì le sue descrizioni delle immaginifiche situazioni a cui si trova ad assistere o partecipare.

Anche da questo libro sono stati tratti numerosi film, tra cui segnaliamo con triplo circolino rosso la versione del maestro Russ Meyer del 1964.

Andiamo avanti, anche in senso cronologico, per incontrare lo scrittore francese Guy de Maupassant il quale narra approfonditamente la realtà delle case di tolleranza nel suo racconto “La casa Tellier“ che fa parte della omonima raccolta di racconti pubblicata per la prima volta nel 1881.

Madame Tellier è una dignitosa vedova senza figli che dirige, senza provare alcun sentimento di vergogna, una casa di tolleranza in Normandia: «aveva abbracciato quella professione proprio come avrebbe fatto la modista o la ricamatrice». Il bordello di Fecamp è frequentata da composti e abitudinari borghesi della cittadina (l'ex sindaco, l'armatore, il banchiere, ecc.) e ha una clientela suddivisa in struttura in base alla classe sociale. I cittadini della città frequentano il primo piano e mantengono cortesi rapporti tra loro grazie alle capacità relazionali del proprietario.

Una sera però i clienti abituali trovano la porta chiusa. Le 5 prostitute sono andate in campagna ad assistere alla prima comunione di Madame Tellier, la tenutaria. Il loro arrivo mette sottosopra il piccolo paesino normanno provocando una confusione tra sacro e profano. Le lacrime di commozione nella chiesa a cui si uniscono tutti i fedeli e che sono lette dal parroco come una miracolo si mescolano alla trasgressione, al divertimento e ai desideri illegittimi che le ragazze suscitano durante il banchetto. Questa assurda commistione, che mette a nudo l'aspetto ridicolo tanto della religione quanto della sensualità, è il segnale di un profondo sconvolgimento che spezza la salda fede borghese nella realtà delle cose e sbriciola in un crudele cinismo il senso della vita.

Ne “La casa Tellier” Guy de Maupassant smaschera l’ipocrisia borghese a proposito della figura delle meretrici, non di rado più pure e modeste di tante dame, rispettabili all’apparenza, eppure rotte a ogni bassezza della vita.

In chiesa, durante la funzione religiosa, le prostitute hanno sentito nostalgia dell'antica purezza, e la loro commossa pietà diventa motivo di edificazione per i fedeli e per il celebrante («Con la vostra fede palese e la vostra pietà così viva, siete state per tutti un salutare esempio»). Terminata la cerimonia, ritornano tutte alla loro vita abituale e, dopo la breve assenza, i clienti le ritrovano più allegre e sensuali.

Questo racconto, ancora attualissimo, è già stato più volte ispiratore di adattamenti per il grande schermo:

«La Maison Tellier», episodio del film Il piacere del 1952 diretto da Max Ophüls.

La Maison Tellier, film del 1981 diretto da Pierre Chevalier.

Un affare tranquillo, film del 1964 diretto da Met Welles e Guido Franco.

Visto che abbiamo parlato di connubio tra amore sacro e amore profano, come possiamo non parlare di Fabrizio De Andrè e della sua celeberrima prostituta “Bocca di rosa”, cantata, anzi, celebrata nell’omonima canzone del 1967? Diciamo subito che coloro che hanno virato intorno alla boa del “mezzo del cammin di nostra vita” (perdonate la citazione), conoscono perfettamente la storia della ragazza cui De Andrè ha dedicato versi memorabili (e che, per questo, merita un posto in una recensione di opere letterarie). A tutti gli altri la raccontiamo.

Costretta a lasciare il paesino di Sant’Ilario, “Bocca di rosa” trovò calorosa accoglienza già in quello poco distante, dove entrò persino nelle grazie di un illuminato sacerdote: questo, che pur nel rispetto dei propri doveri non disprezzava le gioie date del «bene effimero della bellezza», non ebbe nulla da obiettare nemmeno sulla presenza della rinomata donna di piacere alla processione rituale, a poca distanza dalla più giovane e immacolata delle parrocchiane. Così, del tutto pacificamente, il prete descritto dal cantautore genovese conciliava al meglio «l’amore sacro e l’amor profano», certo che il buon Dio, nel suo superiore disegno, ne avesse evidentemente previsto la coesistenza.

Gìù il cappello signori miei, ora ci troviamo di fronte ad un vero gigante della letteratura mondiale: Lev Tolstoj, il quale ha trattato il tema della prostituzione e dei bordelli nel romanzo “Resurrezione”.

Il tema fu suggerito a Lev Tolstoj dall'amico giurista Anatoly F. Koni il quale gli raccontò un fatto reale, ovvero la storia di una ragazza di 16 anni che, rimasta orfana, venne ospitata in casa di parenti. Qui, sedotta da un giovane appartenente a quel ramo familiare, una volta scoperta la gravidanza, venne scacciata dalla benefattrice ed abbandonata dall'uomo.

Rimasta senza mezzi e dopo alcuni infruttuosi tentativi di guadagnare onestamente, la ragazza iniziò a prostituirsi e fu successivamente arrestata per furto. Nella corte penale che doveva giudicarla, sedeva tra i giurati questo stesso giovane. La coincidenza lo mise in estrema angoscia, cercò un modo per riparare al fatto, portandolo alla decisione di sposarla e così fece, nonostante la condanna a quattro mesi di reclusione. La ragazza purtroppo morì di tifo, dopo poco, ancora incarcerata.

Nella finzione Tolstoj ribattezza la sventurata con il nome che la renderà immortale di Katjuša Maslova.

Figlia di una zingara, accolta nella casa padronale delle due vecchie zie di Dmitri e cresciuta con loro. A 16 anni s'innamora di lei proprio il giovane studente nipote delle proprietarie che, alla vigilia della sua partenza riesce a sedurla; dopo aver appreso della sua gravidanza va a partorire nella casa della levatrice del villaggio, una vedova. Il neonato viene portato all'orfanotrofio dove però muore poco dopo il suo arrivo.

L'unico posto che la ragazza trova è nella casa del guardaboschi; la moglie di costui, però, dopo averla scoperta, la picchia ferocemente e la caccia. Trasferitasi in città, dopo diversi tentativi falliti di trovar un'abitazione, finisce nel bordello. Dopo esser stata arrestata con l'accusa d'aver avvelenato un cliente con l'intento di derubarlo, trascorre sei mesi in carcere in attesa del processo.

A completamento di questo breve excursus sul bordello in letteratura, vorrei segnalare un vero capolavoro italiano, la raccolta di racconti curata da Giancarlo Fusco: “Quando l'Italia tollerava.

Alla sua uscita, la raccolta fu accolta tiepidamente dalla critica ma, nonostante questo, tutte le copie andarono esaurite in breve tempo, tanto da impedire al libro di giacere sugli scaffali dei vari remainder italiani, come forse per una pubblicazione di questo tipo ci si sarebbe potuti aspettare, considerato anche il prezzo di copertina non indifferente (diecimila lire, in un'epoca in cui i quotidiani ne costavano cinquanta e in trattoria si mangiava bene con poco più di mille).

Il libro, la cui prefazione fu curata dallo stesso editore Canesi, oltre ad un lungo scritto introduttivo dello stesso Fusco, raggruppa sedici racconti-testimonianza, più o meno brevi, di alcune delle penne migliori dell'epoca: Alberto Bevilacqua, Dino Buzzati, Alberto Consiglio, Giovanni Comisso, Italo Cremona, Gustavo D'Arpe, Ilario Fiore, Sadio Garavini, Fausta Leoni, Mino Maccari, Franco Pattarino, Ercole Patti, Luigi Silori, Mario Soldati, Vincenzo Talarico e Cesare Zavattini.

Tutti i racconti sono incentrati su aneddoti legati al mondo dei casini, le case di tolleranza aperte in Italia - a quanto sostiene Fusco - già nel 1432 e che saranno chiuse definitivamente nel 1958 dalla legge Merlin, dal nome della sua proponente, la senatrice socialista Lina Merlin.

Di particolare bellezza narrativa, si segnalano i racconti “Come fece Erostrato di Buzzati, “In via Panico” di Zavattini, La "casa “di guerra di Atene di Silori, “L'uscio del batticuore” di Soldati. Il libro è illustrato da moltissime riproduzioni, in bianco e nero e a colori, di opere di Mino Maccari, che ha collaborato anche con una testimonianza.

Per il momento termino qui, ma già la prossima settimana vi offrirò un altro succulento assaggio di quello, che nell’immaginario di noi italiani, è stata la frequentazione dei bordelli. E anche, purtroppo, della loro chiusura, avvenuta nel 1958 su proposta della senatrice Merlin.

Emanuele De Vito

“Quando il testosterone diminuisce, la moralità aumenta”