Fu il sesso che inventò la morte - Un'analisi seria su qualcosa a cui è difficile pensare

Sesso e morte, Eros e Tanatos.
Queste due pulsioni, creatrice (e molto piacevole) la prima, distruttiva (e molto meno attraente) la seconda, sono a tal punto inestricabilmente legate che non si può dare l’una senza l’altra. In ogni essere vivente, e soprattutto negli esseri umani, esse convivono e prevalgono l’una sull’altra in diversi momenti dell’esistenza.
In questo connubio, che dimora nelle profondità dell’inconscio, si cela una verità profonda e antica. Primitiva, oserei dire. E la verità, sconvolgente quanto banale, è questa: la morte non esisterebbe se non fosse stato inventato il sesso.
Ho detto inventato non a caso, visto che il sesso, o meglio, la riproduzione sessuale, è un’invenzione dell’evoluzione biologica che risale a un tempo così antico che è quasi impossibile quantificarlo. Diciamo nell’ordine di miliardi di anni. Un’invenzione che si è resa necessaria per rispondere alle sfide che un ambiente sempre più complesso poneva agli esseri viventi, che a loro volta divenivano sempre più strutturati e diversificati.
Fino ad allora infatti, gli esseri viventi erano semplici organismi unicellulari che si muovevano e si riproducevano in un ambiente che non richiedeva loro altro se non la riproduzione del loro genere mediante replicazione del DNA e trasmissione di quel DNA alla generazione successiva. Nel momento della riproduzione quindi, questi semplici organismi unicellulari duplicavano il loro DNA (quindi l’informazione genetica per l’espletamento delle funzioni che permettevano a queste cellule di continuare a vivere) e poi si dividevano in due cellule, ognuna con la sua copia completa di DNA. Questa modalità di riproduzione viene definita “asessuata” ed è un processo che rende l’organismo praticamente immortale.
E’ andato avanti così per circa un miliardo di anni dalla comparsa della prima forma di vita sulla terra. Poi però, come detto qualche riga fa, l’ambiente è diventato sempre più complesso, costringendo gli organismi ad evolvere in forme di vita via via più diversificate, ponendo le basi per la comparsa di organismi composti da miliardi di cellule organizzate in differenti organi, ognuno con una funzione differente.
E’ evidente che in una situazione del genere la riproduzione non poteva più essere possibile attraverso la semplice divisione di una cellula in due unità, ma ha richiesto l’invenzione di modi e strutture sempre più sofisticate ed efficienti. E qui, arriviamo alla scoperta della riproduzione sessuale, ossia alla produzione di un essere vivente tramite l’unione di cellule deputate allo scopo: le cellule sessuali o gameti, differenziatesi via via sempre di più fino a dare origine a due generi sessuali distinti, quello femminile e quello maschile.
La natura inventa la riproduzione tramite il sesso, ossia la produzione di un essere vivente attraverso un processo di rimescolamento dell’informazione genetica. Il vantaggio di questo tipo di riproduzione, rispetto a quella asessuata, è subito evidente: gli organismi prodotti tramite questo tipo di riproduzione sono geneticamente differenti dai loro genitori, e questo consente di mettere in campo la variabilità genetica necessaria per adattarsi a un mondo che cambia continuamente.
Purtroppo, l’invenzione della riproduzione sessuale pone il seme di un grave problema, che la natura ha risolto inventando l’invecchiamento e la morte programmati.

Il problema è questo: il DNA contenuto all’interno delle cellule, con il passare del tempo (il tempo biologico di un organismo intendo) comincia ad accumulare errori su errori (le mutazioni, alcune neutre, molte dannose ). Questo discorso vale per tutto il DNA, anche quello destinato alla riproduzione. Ma come, la natura permette che la riproduzione sessuale, energeticamente più costosa di quella asessuata, dia origine a organismi già fallati in partenza? Certo che no! Ecco allora l’invenzione geniale: la segregazione del DNA deputato alla riproduzione in una linea germinale separata.
Questa invenzione preserva il DNA sessuale dall’accumulo di errori, attraverso un continuo rimescolamento genetico che elimina casualmente le mutazioni, tra cui, ovviamente, quelle dannose. Il resto del DNA, quello somatico, continua invece ad accumulare errori su errori, al punto tale che le cellule smettono di funzionare. Semplicemente, invecchiano e muoiono, due processi che sono stati codificati nel corso del tempo all’interno delle cellule somatiche.
Una domanda allora sorge spontanea e improvvisa, come un grido di dolore: perchè l’evoluzione non ha escogitato un modo per riparare gli errori (esistono in natura, eccome se esistono!)? La risposta è talmente semplice da risultare disarmante: perchè riparare tutti gli errori accumulati all’interno delle cellule somatiche è troppo costoso. E’ meglio far morire il soma (il corpo) per preservare la linea germinale, l’unica davvero immortale.
La natura inventa il sesso, una pratica per la quale molti di noi affermano essere disposti a morire e poi li accontenta, inventando la morte programmata, destino a cui nessuno di noi può sfuggire. Che fregatura! Saremmo potuti andare avanti in eterno a divertirci e invece ci tocca morire.
Forse morire per il sesso potrebbe anche valerne la pena, ma la verità è che la morte, il pensiero di dover morire marchia a tal punto le nostre coscienze che il desiderio di capire il significato della nostra paura di morire è parte fondamentale della nostra psicologia. Noi esseri umani abbiamo trascorso gran parte della nostra storia escogitando visioni del mondo che ci aiutassero ad accettare quel terribile momento.
Potremmo fare nostra una bellissima frase di Michel De Montaigne che dice: “Se non sai come si fa a morire, non ti dar cruccio. La Natura te lo insegnerà a puntino in un sol momento. E lo farà proprio per te. Stai pur tranquillo”. Ma preferiamo chiudere con una nota di speranza, citando invece un genio dei nostri tempi, Woody Allen, il quale afferma: “Non è che io abbia paura di morire. E’ solo che non vorrei essere lì quando accadrà”.
